18/2/2025 | 30/5/2025
La muffa
apparsa sul mio soffitto
incombente
come un mattino giallo
un presagio,
un monito
- se le similitudini
sono la chiave -
e io non so smettere
di sopravvivere,
nell'epicentro
franante
del mio futuro.
Brevemente
mi tengono a galla
le braccia
dei domani: perentorie
come
una brezza, sfolgoranti,
uno sfarfallio,
un principio dell'effimero.
Non so ancora molto di me.
Ho scritto
seduta agli incroci
della mia
vita
e poi
ho fatto pace
con il vuoto
perché
non lo era.
Sono una melodia
canticchiata
sovrappensiero,
una supposizione
imprecisa.
A volte, sono stata una cosa
piccola
uno scarto.
A vent'anni
dietro
trincee traballanti
ho aspettato
il dolore
ignara
di che tempeste
sarebbero piovute
e io
cosa sarei diventata.
Adesso
mi svegliano
mattini anacronistici,
disabbinati,
scoordinati:
pieni
di una grande voglia
di tornare indietro
pur
andando avanti.
Dalle feritoie
mi sorride, ironica,
la sorte.
Sa che cerco
Dio
perché non trovo
me stessa,
sa tutto.
Sono stata
anche
una custode di ore,
una discente
in cose che non si dicono,
una scultrice
di primavere.
Altre poche volte
ho sentito le ossa
allungarsi
tra un perché e l'altro
come una risposta.
Certe sere
davanti agli specchi
ho distolto
l'anima
dai crolli
arrendendomi
a una grande stanchezza.
A lungo
non ho compreso
il malessere
di affrontare questa vita
da sola.
Mi sono chiesta:
non lo stai già facendo?,
una sera che
Marzo
finiva.
Eppure,
ancora adesso,
covo
amori longevi perché
brevi
e così
costruisco letterature
che custodisco
dentro gli armadi.
Ad un incrocio
mi svezzò
una rabbia sorella
aprendomi gli occhi
togliendomi il sonno.
Figlia
come me
di parole senza casa.
Una tribolazione,
una lotta, una
supplica d'ascolto.
Sotto un Salice
sul mio corpo
fiorì
la disfatta
selvaggio
il desiderio
di praticare l'oblio,
il rumore,
l'arte di salvarmi.
Ma ancora adesso
mi straziano
i concetti
flebili
dei propri tornaconti,
il dimenticarsi
d'essere atomi,
particelle del cosmo,
ingranaggi
di sangue e di canti.
Un mattino
finisce un'idea
finisce
Maggio
senza poesie,
i fiori selvatici mossi
dal Palmo di Dio
sotto questi tramonti
miei
che guardo da sola.