Tra le cose sacre che ho perso, negli angoli desolati della rassegnazione, ci sono i tentativi di voli da alture assolute: desiderio tenero di annullare l’aria per metterla in parole, modellarne la materia su un foglio, per l’illusione. Di ciò che sono stata quando sapevo, con disonestà, respirare fino in fondo e poi lanciarmi.
Ho molto ancora da comprendere dei moti invisibili del bello che mi tradirono, lasciandomi inadeguata: accesa solamente di una verità tardiva e crudele che tira di continuo i freni. Cos’ero prima di arrendermi alle armi impari puntate addosso dal mio ridicolo riflesso?
Sembra un’altra vita, quella in cui esistevo sorretta da un paio di ali illusorie.
Non mi salvarono i voli ma il cemento.