Siediti di fronte a me, come ti sedesti la sera del grande equivoco quando il silenzio ci confuse gli occhi lasciandoci manciate di polvere sui palmi. Ho da raccontarti delle storie di abbandoni, crudeli come scherzi inopportuni. A te, che non ridi facilmente.
Siediti: qualcosa, nel modo in cui maneggi i rimpianti, mi dice che sai applicare l’astruso teorema dei ritorni. Gli abbandoni hanno distrutto la mia casa, innalzato un monastero di anime che sorridono beffarde. Te che conti parsimonioso i tuoi sorrisi, inorridiresti trasalendo al grande gelo: nient’altro potresti fare che questo.
Dopo ti riscalderò appoggiando la mia fronte sulla tua.