Sono decenni che ti lasci sfuggire l’effimero, più di mezzo secolo che non sei ancora cresciuta. Affronti con ostinazione solo il capriccio dell'imperfetto e niente ti sfiora di meno – in tutta questa poesia fallimentare che siamo – dell’effimero. Dietro di te il fallimento su una vecchia strada stretta e dissestata. Davanti, su una vecchia opulenta automobile tenuta insieme dal tuo cattivo orgoglio, mantieni una distanza febbrile, abbagliata da una competizione che tanto non ti salverà (un’altra cosa che non hai capito).
Diranno di te, i posteri che non verranno mai, che eri povera di umanità e piena di sorrisi. Una perfetta e inutile lanciatrice di coltelli su un’altissima montagna.
Io so ciò che tu non saprai mai: metà degli anni tuoi, i miei, spesi ad onorare i caduti sugli altari contro l’arroganza.
Ad osservarti guidare e perdere pezzi.