Nella notte dei lunghi riverberi ero a mani nude quando toccai l’antimateria del tuo odore. 
Il concetto della tua vicinanza prese forma sostituendo ogni mattina futile e amara della mia vita: non esisterono per me né il peso di questo corpo, né più l’indigestione di stare al mondo.
Il Prodigio delle tue guance vicino al mio naso, emerse nel buio vittorioso da decenni di fiero abbandono e mi guardò tenero e audace, tra le macerie, chiamandomi per nome.
Io ero Mansueto, Docile, mosso nel profondo da occhi che esitavano: mi riconoscevo allo specchio di voci che dicevano parole buone, ti accarezzavo passando il dito sulle rose selvatiche.