Undated.


Non so da dove inizio stanotte per parlarti di strade davanti, di auspici carichi di preghiere (dove inizia l'egocentrismo in un buon augurio ad altri e dove finisce l’intenzione genuina?), ho iniziato a scrivere su fogli nuovi ma io rimango la stessa vecchia peccatrice di troppo sentimentalismo.
Scrivo e nemmeno mi piace il risultato. Non mi fermo perché adesso non lo faccio più fin quando non avrò detto ogni cosa.
A te ho nascosto chi ero veramente perché non sono mai stata capace di disturbare. Ma sì, questa non è una poesia e io mi sento persa perché i fogli non sono più usati, vissuti, imperfetti e simili a me. Questa non è una poesia e avrei bisogno di continuare a cercare le parole per non fermarmi al deplorevole errore di tornare indietro. Forse è qui che ti lascio, insieme al dubbio, alla fine di questa piccola deviazione che mi ha molto incuriosita.
Quando ti ho conosciuto lo specchio mi restituiva nozioni familiari che facevano male, inedite come lo sguardo di una neonata.
Dopo, infatti, ho scritto da qualche parte IL MIO CORPO COME UN CONTINENTE SCONOSCIUTO e mi è venuto, inorridita, da pensare: sogno, forse, di essere colonizzata? Non c’è altro che non sappiamo essere noi occidentali, quando ci esprimiamo? Quanto è patetico sentirsi ospiti in casa propria?
Rimani indietro, forse, insieme al dubbio e questa non doveva essere una lettera ma certe abitudini sono più banali di altre, come il mio vecchio quaderno arancione pieno di appunti, nozioni e poesie che ho messo a riposare perché i tempi si compiono ed è qualcosa che devo imparare ad accettare, questo e tutto ciò che si perde.
Da qui, il proposito buono di disturbare di più.